“Conoscere Aung San Suu Kyi ha cambiato la vita della nostra famiglia.”
Albertina, così chiamiamo affettuosamente la senatrice Albertina Soliani, propose a mio marito di affiancarla, in occasione della visita di Aung San Suu Kyi in Italia, per farle da interprete personale.
Ci eravamo a lungo occupate della sua vicenda durante gli anni di attività parlamentare quando collaboravo con la senatrice nell’Ufficio di Parma. Ogni giorno vedevo il suo volto appeso alla parete con la scritta imperativa “Libera subito”.
Avevo letto il suo libro “Libera dalla paura” anni prima e conoscevo la sua vicenda di forza, tenacia, coraggio e gentilezza. Orchidea di acciaio viene chiamata. Per anni a Natale per conto della Senatrice ho imbustato biglietti di auguri che riportavano le sue parole. Per anni, come tutti i parmigiani, ho visto il manifesto con la scritta “Libera subito” affisso nel palazzo del Municipio. Seguii la vicenda del conferimento alla Signora, così è chiamata Suu Kyi, della cittadinanza onoraria di Parma e di altre città italiane.
Poi finalmente la notizia della sua liberazione dagli arresti domiciliari. Era libera.
Confesso che ho stentato a crederci.
Rimasi sorpresa anche dalla notizia due anni dopo di una sua visita a Parma.
Ma forse a pensarci bene questo mi sorprese meno.
L’anno seguente la liberazione Albertina e Giuseppe Malpeli andarono a Rangoon. Sul giornale Repubblica online apparve una foto di Aung San Suu Kyi che teneva per mano Albertina. Si tenevano strette come amiche di vecchia data e allora compresi che si era creato un legame che andava oltre la lingua, il paese di provenienza. L’amicizia, quella autentica, quella che parla al cuore, era nata tra due donne apparentemente così differenti ma con vicende personali (assenza del padre fin dall’infanzia, vita dedicata alla politica come missione) e tratti del carattere anche tanto simili (grande senso di responsabilità, del dovere, rigore, gentilezza, senso del bello): si erano riconosciute.
Da quel momento per Albertina non ci fu che un imperativo, un obiettivo: aiutare Aung San Suu Kyi e il suo popolo.
Giuseppe Malpeli, grande amico di una vita di entrambe era stato ed è il grande facilitatore di questa amicizia.
Ci hanno coinvolti, me, Carlo e poi Giovanni ed Emanuele e la nostra vita non è più stata la stessa.
Aung San Suu Kyi è nei nostri pensieri quotidianamente e spesso, come del resto lei chiede con forza, con le nostre azioni. Piccole, molto concrete: tradurre in inglese, fare lotterie, organizzare tornei a carte di burraco, andare in banca, prendere appuntamenti. Tutto quello che abbiamo sempre fatto per noi stessi ora continuiamo a farlo per lei e il suo popolo e questo ci ha aperto i cuori e gli orizzonti.
Con noi si sono lasciati coinvolgere tanti altri, i nonni, le maestre di scuola dei nostri figli, gli amici, in una catena di solidarietà che silenziosa cresce come trama che tiene in vita e contrasta le tante notizie di morte che forte vengono gridate nel mondo ma che, chi come noi crede nella parte migliore dell’uomo sa, non prevarranno.
Sara Avanzini
Alcune immagini della piccola lotteria organizzata dai filgi di Sara, per raccogliere fondi per i vetri della scuola di Rangoon.