Mons. Bo invita alla “tolleranza fra religioni”
Promuovere “maggiore tolleranza fra religioni”, un compito che spetta innanzitutto “ai leader religiosi” i quali devono sottolineare ciò che “di santo e buono” vi è in una fede, senza “attaccare le altre”. Perché “l’unità nella diversità” è ciò che anima “il nostro destino”. È il messaggio di Pasqua che l’arcivescovo di Yangon mons. Bo consegnerà ai fedeli domenica prossima, 20 aprile, nell’omelia della solenne celebrazione eucaristica pasquale. Un testo che il prelato ha inviato all’agenzia AsiaNews e nel quale egli rilancia il “destino di pace e prosperità” del Myanmar, un tempo martoriato da “guerre e profughi” e che – anche oggi – deve affrontare nuove sfide e difficoltà. Per questo mons. Charles Bo ricorda alla comunità il compito affidato a ogni cristiano: “Rimuovere le barriere, abbattere i muri”, secondo il principio di “riconciliazione” con se stessi, i propri vicini e il creato.
L’arcivescovo di Yangon invita a pregare perché questa non sia “un’alba illusoria” e che anche il risveglio che caratterizza la storia recente della ex Birmania non sia “falsa”. Egli ricorda che anche oggi vi sono cinque “chiodi”, che possono gettare oscurità sul nuovo Myanmar: espropri forzati, odio religioso fomentato da gruppi nazisti, neoliberismo economico, continui conflitti nelle aree abitate dalle minoranze etniche e rifugiati, politiche finanziarie che favoriscono solo i ricchi.
L’arcivescovo di Yangon auspica inoltre che ciascun fedele possa sperimentare la “riconciliazione” in famiglia, tra le diverse comunità del Paese – ancora oggi segnato da conflitti e sofferenze, vedi la guerra fra esercito birmano e milizie ribelli nello Stato Kachin, oppure le violenze contro i musulmani Rohingya nello Stato occidentale di Rakhine – e una “riconciliazione con la Creazione stessa”, che implica la salvaguardia del territorio e dei beni che esso racchiude. Infine, il prelato afferma che nel Paese serve maggiore “tolleranza” in materia di religione, un compito che spetta in prima persona ai leader religiosi, perché solo “se abbiamo rispetto per un’altra religione, possiamo promuovere la nostra”.
L’arcidiocesi di Yangon – capitale commerciale della ex Birmania – è formata da quasi 100mila fedeli, su una popolazione di oltre 14 milioni di persone; il territorio è suddiviso in 39 parrocchie. Il Myanmar è una nazione multi-etnica (oltre 135 le diverse etnie e minoranze) e multi-confessionale: sebbene non vi sia una religione ufficiale di Stato, quasi l’80% dei cittadini professa il buddismo theravada; i cristiani sono il 4% (i cattolici l’1%), come i musulmani anch’essi al 4%; l’1% professa l’induismo, mentre un ulteriore 2% pratica fedi diverse o legate alla tradizione animista. (R.P.)
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Pasqua a Yangon: cattolici “fonte di riconciliazione, pace e prosperità per il Paese”